Cos’ è il Jobs Act: cosa prevede, testo e sintesi della riforma del lavoro

Il Jobs Act, voluto dal governo Renzi nel 2015 e che ha subito alcune modifiche nel recente Decreto Dignità, è una legge concepita per apportare riforme correlate al mondo del lavoro e che, direttamente o indirettamente, coinvolgono tutto ciò che gravita intorno al lavoro stesso, come ad esempio le pensioni, i vari ammortizzatori sociali come la cassa integrazione e la disoccupazione, i contratti, il welfare, le agevolazioni e molto altro ancora. Vediamo insieme cos’è esattamente il Jobs Act, cosa prevede, ed in sintesi il testo della riforma del lavoro.

Il contratto a tutele crescenti

Una delle prime finalità del Jobs Act è quella di ridurre e rielaborare i numerosi contratti lavorativi attualmente esistenti, una sorta di semplificazione. Tra quelli presi in considerazione ad esempio,c’è il tempo indeterminatoa tutele crescenti“, che come facilmente intuibile dal nome, offre maggiori tutele sull’anzianità lavorativa, ed è dedicato ai neoassunti. Tra le novità della riforma troviamo l’abolizione di quello che è sempre stato uno dei punti cardine dello Statuto dei Lavoratori, cioè l’articolo 18 che prevedeva appunto il reintegro del lavoratore in caso si verificasse un licenziamento illegittimo. Nello specifico la norma prevede che il lavoratore non possa venire reintegrato in caso di licenziamento economico.

Gli sgravi per le assunzioni

Per agevolare l’introduzione o la reintroduzione nel mondo del lavoro, sono stati inseriti degli sgravi fiscali per il datore di lavoro sulle nuove assunzioni, a titolo di incentivo. Entrando nel dettaglio, tale datore era esonerato dal versare contributi previdenziali fino ad un massimo di 8060 euro, e fino ad un periodo di 36 mesi. Dal momento della sua introduzione nel 2015, la norma ha però subito dei ritocchi, facendo scendere nel 2017 l’importo massimo dello sgravio fino ad un massimo di 3.250 euro e la durata massima dello stesso fino a 24 mesi. Nello stesso anno di contro, il beneficio è stato allargato anche all’assuzione di apprendisti e stagisti.

La disoccupazione

Nel maggio 2015 è stata introdotta la Naspi, acronimo di “Nuova Prestazione Assicurazione Sociale Impiego”. Secondo quanto stabilito dalla riforma, in base alla misura, chiunque dovesse perdere il lavoro ed ha accumulato almeno 13 settimane contributive nei 4 anni precedenti, ha diritto a percepire un sussidio massimo di 1.300 euro mensili, calcolato ovviamente sulla base retributiva del lavoratore.

L’erogazione di tale sussidio è ovviamente condizionata all’eventuale partecipazione del disoccupato ad attività di riqualificazione professionale o attivazione lavorativa. Nel momento della scadenza della Naspi, se la persona che ne beneficiava è ancora in condizione di disoccupazione non avendo trovato impiego, è previsto per ulteriori sei mesi l’Asdi, quindi un assegno sempre di disoccupazione.

Periodo di maternità allungato

La riforma ha stabilito che il congedo parentale in caso di maternità, che ricordiamo essere facoltativo ed è parzialmente retribuito nella misura del 30%, è passato dai precedenti tre anni agli attuali sei anni dalla nascita del bambino. Inoltre, il periodo non retribuito è passato ad un massimo di 12 anni, rispetto ai precedenti otto.

Le modifiche apportate dal Decreto Dignità

Nel luglio 2018, il Governo Conte ha approvato il Decreto Dignità, modificando parzialmente alcune norme sul mondo del lavoro. Una misura piuttosto interessante è quella che sostanzialmente disincentiva i contratti a tempo determinato, portando il loro limite da 36 a 24 mesi, ma soprattutto aumentandone il costo contributivo dello 0,5% ad ogni rinnovo. Anche le possibilità di rinnovo dello stesso sono diminuite dalle precedenti cinque alle attuali quattro. L’intento di favorire i contratti a tempo indeterminato è piuttosto chiaro.